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La cannabis terapeutica: cosa c’è da sapere

La cannabis terapeutica prevede l'uso della pianta di cannabis o dei suoi derivati, come il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) o il cannabidiolo (CBD), per alleviare sintomi di diverse condizioni mediche.

È importante sottolineare che l'uso della cannabis terapeutica deve essere attentamente valutato e prescritto da un medico esperto, in quanto può comportare rischi e effetti collaterali significativi, tra cui la dipendenza e la compromissione delle funzioni cognitive.

La cannabis terapeutica in Italia

In Italia, a partire dal 2006, i medici sono autorizzati a prescrivere preparati medicinali a base di cannabis contenenti sostanze attive per uso medico.

Questa pratica è stata introdotta seguendo quanto stabilito dal Testo Unico sulle droghe del 1990 e richiede l'autorizzazione di un organismo nazionale specifico per la coltivazione della cannabis.

A partire dal 2007, sono stati poi introdotti in Italia i prodotti Bedrocan, Bediol, Bedrobinol, Bedrolite, Bedica e Sativex, che possono essere anche importati.

Nel settembre 2014, i Ministeri della Salute e della Difesa hanno firmato un accordo per la produzione di infiorescenze per preparazioni medicinali a base di cannabis presso lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze. La produzione è stata sucessivamente avviata nel 2016, e il prodotto risultante, chiamato Cannabis FM-2, contiene THC al 5-8% e CBD al 7,5-12%.

La cannabis ad uso medico

La cannabis terapeutica può essere utilizzata per ridurre il dolore, migliorare l'appetito, ridurre l'ansia e l'insonnia, controllare le convulsioni e i tremori e migliorare la qualità della vita di alcuni pazienti.    

La cannabis per uso terapeutico, in generale, viene presa in considerazione solo quando gli altri trattamenti non sono adatti o non hanno avuto successo.

In particolare, soprattutto i farmaci a base di pianta di cannabis o dei suoi derivati, sono oggi utilizzati per trattare:

  • bambini e adulti con forme rare e gravi di epilessia;
  • adulti con vomito o nausea causati dalla chemioterapia;
  • persone con rigidità muscolare e spasmi causati dalla sclerosi multipla (SM).

L'Epidyolex, ad esempio, è un medicinale introdotto in Italia a Giugno del 2021 che viene solitamente prescritto a bambini e adulti affetti da epilessia, per trattare casi specifici come la sindrome di Lennox-Gastaut e la sindrome di Dravet. Si tratta di un liquido altamente purificato contenente CBD (cannabidiolo).

Il Nabilone, pur non essendo attualmente in commercio in italia, può essere reperito (con non poche difficoltà) all’estero. Molte sono le persone che sottoposte a chemioterapia hanno periodi in cui si sentono male o vomitano e, questo farmaco, può essere prescritto agli adulti da uno specialista per alleviare proprio questi sintomi, ma solo quando altri trattamenti non sono stati utili o non sono adatti. Il Nabilone viene assunto sotto forma di capsule ed è stato sviluppato per agire in modo simile al THC (la sostanza chimica della cannabis che fa sballare).

Il Nabiximols (Sativex), invece, è un farmaco che aiuta nel trattamento per la sclerosi multipla (SM) a base di cannabis e viene spruzzato in bocca.

Solo farmaci per l’uso della cannabis terapeutica?

La cannabis terapeutica, comunque sia è sempre cannabis e come la cannabis light e la marijuana illegale, può essere consumata in vari modi:

  • fumandola;
  • vaporizzandola;
  • utilizzandola nel cibo;
  • preparando infusi, tè o bevande.

Non tutti i pazienti, comunque sia, preferiscono assumere la cannabis in questo modo, tanto che, per la cannabis ad uso medico, esistono metodi non convenzionali per la somministrazione.

Non è raro trovare, infatti, pazienti che usano cerotti a base di cannabis per via topica/transdermica come anche trovare pazienti che preferiscono il dabbing, ovvero, l’inalazione diretta di concentrati di cannabis tramite uno strumento particolare, il dab rig.

Chi può fare uso della cannabis terapeutica

In generale, in Italia, la cannabis terapeutica potrebbe essere prescritta da qualunque medico per tutti i casi di utilizzo per i quali esista una letteratura scientifica accreditata.

Di contro, però, il Decreto Uso Medico Cannabis, ormai risalente al 9 novembre 2015, stabilisce che solo in caso di:

  • dolore cronico associato a sclerosi multipla oltre che a lesioni del midollo spinale;
  • nausea e vomito causati da chemioterapia, radioterapia, terapie per HIV;
  • uso come stimolante dell’appetito nella cachessia, anoressia, perdita dell’appetito in pazienti oncologici o affetti da AIDS e nell’anoressia nervosa;
  • uso per l’effetto ipotensivo nel glaucoma;
  • uso per riduzione dei movimenti involontari del corpo e facciali nella sindrome di Gilles de la Tourette

i prodotti a base di cannabis terapeutica possono essere rimborsabili, ma attenzione, questo a discrezione dei singoli sistemi regionali.

Ciò detto, comunque, nel nostro Paese sono pochi i medici propensi a prescrivere e consigliare la cannabis terapeutica tanto che, i pazienti che vorrebbero farne uso, devono spesso rivolgersi a veri e propri specialisti in grado di elaborare un piano sanitario adeguato.

Esistono, tuttavia, associazioni sparse su tutto il territorio nazionale a cui è possibile rivolgersi per consigli e indicazioni tra le quali:

Cos’è cambiato e cosa c’è ancora da fare: pro e contro sull’uso della cannabis terapeutica

L'uso della cannabis terapeutica, ovviamente, presenta sia vantaggi che svantaggi.

Se da una parte non possiamo ignorare che l’utilizzo di canapa medica può:

  • aiutare a ridurre il dolore associato a malattie croniche come la fibromialgia, la sclerosi multipla, l'artrite e il cancro. Ciò può migliorare la qualità della vita delle persone che soffrono di questi disturbi e ridurre il carico sui sistemi sanitari pubblici;
  • ridurre la necessità di farmaci prescritti per il dolore cronico, l'ansia e altri disturbi psichiatrici. Ciò può ridurre il rischio di dipendenza da farmaci e di effetti collaterali vari;
  • aumentare l'appetito di pazienti che stanno lottando contro le malattie croniche o che stanno attraversando un trattamento medico che riduce l'appetito. Ciò può contribuire a prevenire la malnutrizione e migliorare la qualità della vita;
  • portare anche vantaggi sociali non indifferenti, come l’aver dato vita a un'industria in espansione, creando posti di lavoro e generando entrate fiscali,

dall’altra parte dovremmo anche tenere conto che l'uso della cannabis terapeutica può avere effetti collaterali non indifferenti, soprattutto se il paziente non è seguito.

Secchezza delle fauci, sonnolenza, vertigini, aumento della frequenza cardiaca, disorientamento e paranoia, sono reazione indesiderate ormai conosciute a chi consuma abitualmente cannabis con THC, com'è anche risaputo del resto che, un uso prolungato di qualsiasi sostanza che contenga delta-9-tetraidrocannabinolo, può portare alla dipendenza.

Se a questo si aggiunge anche che oggi, malgrado siano passati secoli da quando l’uomo utilizza la pianta di cannabis per curarsi, non siamo ancora del tutto certi se l'uso della cannabis terapeutica possa o meno avere effetti a lungo termine, come:

  • la riduzione della capacità di apprendimento e di memoria,
  • la riduzione della motivazione,
  • la riduzione della capacità di coordinazione,

con un dibattito scientifico ancora in corso, è facile anche comprendere lo scetticismo che ruota intorno a questo argomento.

È importante, quindi, che i pazienti che considerano l'uso della cannabis terapeutica lavorino a stretto contatto con i loro medici per assicurarsi che la terapia sia appropriata e sicura.

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2 comments on “La cannabis terapeutica: cosa c’è da sapere”

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